Negli ultimi anni, il termine “neuroqueer” sta diventando sempre più comune per riferirsi all’intersezione tra neurodivergenza e identità queer.

Cosa vuol dire neuroqueer?

Il termine “neuroqueer” unisce due concetti: neurodivergente e queer. In sintesi, l’uso del termine neuroqueer descrive l’esperienza di ha caratteristiche neuroatipiche (autismo, ADHD, dislessia, alto potenziale cognitivo ecc.) e un’identità queer, come un orientamento sessuale o un’identità di genere non conformi alle norme sociali tradizionali.

L’esperienza della persona neuroqueer

Le persone neurodivergenti spesso vivono in modi che differiscono da quelli delle persone neurotipiche. Infatti, la percezione del mondo, le interazioni sociali e gli interessi possono essere diversi rispetto a quelli delle persone neurotipiche. Allo stesso tempo, molte delle persone neurodivergenti appartengono anche alla comunità LGBTQIA+.

Perché è interessante il concetto di neuroqueer?

  1. Dà un nome ad una realtà. offre un nome a una realtà che, altrimenti, rischierebbe di restare invisibile. Le persone che vivono nell’intersezione tra neurodivergenza e identità queer hanno bisogno di un termine per riconoscere e validare la propria esperienza. Se un fenomeno non ha un nome, infatti, è come se non esistesse: viene marginalizzato e spesso frainteso. Dare un nome a questa esperienza non solo rende più visibile la realtà neuroqueer, ma permette anche di comprenderla, valorizzarla e integrarla nel dibattito sociale e culturale.
  2. Accento sulla diversità come possibilità di arricchimento. Il concetto di neuroqueer invita a vedere la diversità come un’arricchimento e non come anomalia.
  3. Creazione di Comunità: il termine “neuroqueer” apre ad una visione comunitaria.

Il termine “neuroqueer” permette di riconoscere l’intersezione tra neurodivergenza e identità queer, aprendo anche alla possibilità di celebrare le diversità neurologiche, affettive, sessuali e di genere.